Appropriazione indebita e procedibilità dopo il D. Lgs. 36 del 2018

Il reato di appropriazione indebita, nel panorama giuridico attuale, è punibile solamente a querela della persona offesa; il d.lgs. n. 36 del 10 aprile 2018 ha ampliato gli spazi della procedibilità a querela per i reati che offendono la persona e il patrimonio, tra cui anche il reato di appropriazione indebita. A tal proposito va ricordato che il diritto di querela va necessariamente esercitato nel termine massimo di tre mesi dal giorno della conoscenza del fatto che costituisce il reato. Nella disciplina ante riforma del 2018, per alcuni casi era prevista la procedibilità d’ufficio. In particolare, si trattava delle seguenti ipotesi:

  1. il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario;
  2. ricorre taluna delle circostanze indicate nell’art. 61 n. 11 c.p., ovverosia il fatto è commesso con abuso di autorità o di relazioni domestiche o con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità

L’art. 10 del detto decreto, abrogando parte dell’art. 646 c.p., espande la procedibilità a querela dell’appropriazione indebita aggravata dall’aver commesso il fatto su cose possedute a titolo di deposito necessario (art. 646 comma 2 c.p.) o con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità (art. 61 n. 11 c.p.).

Della novella legislativa in questione è opportuno qui ricordare anche l’art. 12, regolante il regime transitorio in materia di perseguibilità a querela per i reati diventati perseguibili in tal modo e commessi prima dell’entrata in vigore del decreto; in tali situazioni il termine per la presentazione della querela decorre dall’entrata in vigore del decreto (art. 12 comma 1), se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Se, invece, è pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, è tenuto a informare la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata (art. 12 comma 2).

Alla luce della recente novella, quindi, al fine di evitare che l’intervento legislativo si risolva, di fatto, in una depenalizzazione, l’art. 12 dopo aver stabilito che il termine per la proposizione della querela decorre dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, afferma la necessità che la persona offesa venga informata onerando Pubblico Ministero, Giudice di primo e secondo grado, all’attività di informativa alla stessa circa la necessità di presentare querela. Il Pubblico Ministero vi provvederà nel corso delle indagini preliminari, il Giudice dopo l’esercizio dell’azione penale nella fase degli atti introduttivi al giudizio di primo grado o di appello.

La comunicazione alla persona offesa che non si sia costituita parte civile, ove abbia nominato un legale di fiducia, va effettuata presso il medesimo (art. 33 disp. att. c.p.p.)  mentre in caso contrario deve applicarsi l’art. 154 c.p.p. o l’art. 155 c.p.p. (quando per il numero dei destinatari o per l’impossibilità di identificarne alcuni, la notificazione nelle forme ordinarie alle persone offese risulti difficile). In una loro pronuncia le Sezioni Unite della Cassazione hanno affrontato una questione riguardante proprio l’art. 12 comma 2 d.lgs. 36/2018. Sul punto, l’ordinanza di rimessione alle S.U. chiedeva di chiarire se l’avviso alla persona offesa dovesse essere dato anche in relazione ai ricorsi inammissibili, i quali, a parere della giurisprudenza, non sono idonei a costituire un valido rapporto processuale. Dalla sentenza n. 40150 – depositata il 7 settembre 2018 – risulta che «in presenza di un ricorso inammissibile non deve darsi alla persona offesa l’avviso previsto dall’art. 12 comma 2 d.lgs. 36/2018 per l’eventuale esercizio del diritto di querela».

La Cassazione, inoltre, nella sentenza n. 23077 del 2018 interviene sul tema della procedibilità a querela o d’ufficio per il reato di appropriazione indebita aggravata, alla luce delle recenti modifiche apportate dal d.lgs. 36/2018, affermando un importante principio di diritto, e cioè che in tema di appropriazione indebita aggravata nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile nel giudizio non deve essere attivata la procedura prevista dall’art. 12 comma 2 d.lgs. 36/2018. La decisione risolve una questione che fino a quel momento aveva di fatto bloccato i processi in corso per il reato commesso dagli amministratori condominiali perché è sufficiente la costituzione del condominio come parte civile per scongiurare l’interruzione del processo per richiedere allo stesso se intende presentare la querela, evitando che questi procedimenti rischino di cadere nel nulla.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *